Burnout degli insegnanti: intervista esclusiva a Vittorio Lodolo D’Oria – Bianco Lavoro Magazine

Perché il burnout colpisce in maniera così prepotente gli insegnanti? Secondo Vittorio Lodolo d’Oria, medico tra i massimi esperti in materia “non esiste nessun lavoro” come quello dell’insegnante.

Nell’immaginario collettivo l’insegnante è un mestiere che consente di fare tre mesi di vacanza e di lavorare mezza giornata. Alcuni studi però ci dicono che il mestiere dell’insegnante è molto più usurante di quanto si possa immaginare, così tanto da essere a rischio burnout. Abbiamo chiesto a Vittorio Lodolo D’Oria, medico e autore di numerosi studi sul burnout ed in particolare sul burnout degli insegnanti, di parlarci di questo disturbo e del perché gli insegnanti sono tra i lavoratori che hanno più possibilità di soffrirne.

Il termine “burnout” viene dall’inglese e vuol dire “bruciato fuori”, letteralmente scoppiato. Si può definire come lo stato di malessere che deriva dal lavoro e dalla frustrazione e che alla fine porta a “scoppiare”, perciò diviene necessario recuperare i propri spazi e la gratificazione sia sul lavoro che al di fuori.”

Quali sono le categorie professionali più colpite dal burnout?

Nel 1992 feci parte del Collegio Medico della ASL Città di Milano per gli accertamenti sanitari per l’inabilità al lavoro. La prima grande sorpresa fu scoprire che tra i lavoratori si presentarono moltissimi insegnanti e l’incidenza di patologie psichiatriche tra questi era molto alta. Analizzammo quattro categorie professionali: quella degli insegnanti, del personale medico (medici e infermieri) e quindi le “helping professions”, le professioni di aiuto agli altri, poi i cosiddetti colletti bianchi, ovvero gli amministrativi e infine gli operatori manuali. Ebbene quello che scoprimmo fu che negli insegnanti l’incidenza delle patologie psichiatriche era superiore rispetto al personale medico. In seconda posizione c’erano i colletti bianchi e in ultima posizione coloro che svolgevano un lavoro prevalentemente manuale.

Corrono più rischi gli uomini o le donne?

A prescindere dalla categoria professionale, la donna è più incline a soffrire di patologie psichiatriche per questioni di tipo ormonale, precisamente 2 volte e mezzo più esposta rispetto all’uomo. In alcuni periodi, come dopo un parto o durante la menopausa, il rischio è addirittura quintuplicato.
Il dato impressionante è stato scoprire che l’incidenza della patologia psichiatrica nel corpo insegnante equivale tra uomini e donne. Questa è stata la prova che a essere usurante è soprattutto la professione, capace di abbattere anche le differenze tra generi. Bisogna aggiungere che l’usura psicofisica non è nemmeno legata all’organizzazione delle nostre istituzioni scolastiche perché troviamo gli stessi dati in Francia, in Inghilterra e in altri paesi.

Quali sono le ragioni per cui l’insegnamento è un lavoro psicologicamente usurante, a rischio burnout?

La causa va rintracciata nel particolarissimo rapporto che l’insegnante ha con la sua utenza. Infatti è sempre la medesima: la classe; c’è sempre un vantaggio numerico: trenta alunni e un insegnante; c’è sempre un rapporto asimmetrico che condiziona l’insegnante rendendolo spesso incapace a sviluppare una relazione tra pari per condividere il disagio mentale, infatti l’insegnate sa, il discente non sa. In sostanza è un rapporto insistito e protratto come nessun altro poiché l’insegnante è con la stessa utenza per più ore, per cinque giorni a settimana per nove mesi all’anno e per cicli di tre o cinque anni. Inoltre la ciliegina sulla torta è costituita dall’effetto “Dorian Gray” al contrario: l’insegnante invecchia mentre l’utenza a ogni ciclo ringiovanisce. Non esiste nessun tipo di lavoro così. Lo stress che ne deriva è drammatico. Se a ciò aggiungiamo che la media degli insegnanti italiani ha un’età di 50,4 anni e che l’82% degli insegnanti è rappresentato da donne, per natura più esposte al rischio di patologie psichiatriche, il quadro è preoccupante.

Cosa fanno le istituzioni per tutelare la salute degli insegnanti?

Oggi non se ne occupano perché costa. L’art. 28 del Testo Unico in materia di tutela di sicurezza sul lavoro (il D.Lgs. 81/2008) impone al datore di lavoro di monitorare e prevenire lo stress lavoro correlato nelle professioni di aiuto. In realtà nelle scuole, nonostante l’avanzata età dei docenti, non si fa nulla. Bisognerebbe fare attività di formazione e prevenzione mentre quello che si fa, ma è insufficiente, è la somministrazione di questionari in cui ci sono domande sull’abilità di manovra di un muletto! Altra nota dolente sono le riforme previdenziali succedutesi nel tempo. Queste sono state fatte solo sulla base di calcoli numerici, senza tener conto del capitale umano, dell’aspettativa di vita e della salute dei lavoratori. Le quattro riforme previdenziali dal 1992 ad oggi non hanno fatto altro che allontanare nel tempo la pensione, oggi raggiungibile all’età di 67 anni e mezzo con almeno 40 di anzianità e contributi, e quindi non hanno tenuto conto del problema di usura psicofisica. La burla è che viene riconosciuta all’insegnante come malattia professionale solo la raucedine, che incide solo per il 17%, mentre la patologia psichiatrica per l’82%.

Source: Burnout degli insegnanti: intervista esclusiva a Vittorio Lodolo D’Oria – Bianco Lavoro Magazine

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