ROMA – Le firme ci sono, più del mezzo milione necessario. E sembrano tutte buone, certificate. I quattro quesiti per abrogare, nei suoi passaggi più importanti, la Legge “La buona scuola”, la contestata 107, domani mattina alle nove saranno portati in Corte di Cassazione. Nella giornata di lunedì sono arrivate nella sede romana della Cgil scuola, la Federazione dei lavoratori della conoscenza al secondo piano di via Leopoldo Serra 31, quarantamila firme raccolte in diversi comuni italiani e non ancora inviate al Comitato promotore insediato a Trastevere. In periferia, molti non avevano capito che domenica 3 luglio era una data spartiacque. E le ultime firme – decisive – sono arrivate posticipate di due giorni.

Il conteggio di ieri sera, definitivo, dava 530.000 firme acquisite, al netto delle undicimila non vidimate dai municipi e quindi non utilizzabili. I numeri sono apparsi sufficientemente sicuri per portare in Cassazione una richiesta di referendum abrogativo senza rischi. I quattro quesiti che vengono proposti, per chiedere la cancellazione di quattro articoli di legge, sono: i poteri dei dirigenti scolastici, l’alternanza scuola-lavoro, il buono scuola per le private e i comitati di valutazione per l’assegnazione dei premi ai docenti più meritevoli. Il centro della Buona scuola, ecco. Non sarà necessario riaprire i banchetti per una settimana, come inizialmente previsto: gli scatoloni con le firme possono essere portati in Suprema Corte.

In attesa dell’ultimazione della raccolta firme per i due comitati per il “sì” e per il “no” al referendum costituzionale (che, comunque, è già stato fissato per via parlamentare), ad oggi sono approdati in Cassazione i tre requisiti per abrogare pezzi del Jobs Act (cancellazione dei voucher per il lavoro accessorio, reintegro in caso di licenziamento illegittimo nelle aziende sopra i cinque dipendenti, reintroduzione della piena responsabilità solidale negli appalti) e i quattro della Buona scuola. Non sono state raggiunte firme sufficienti (devono essere, appunto, 500.000) per abrogare la legge elettorale detta Italicum e per due quesiti ambientali (trivelle e inceneritori).